ODISSEA AUSTRALIANA – Quarta e ultima puntata

VERSO UNA NUOVA AVVENTURA

È il giorno del trasferimento aereo. Non avevamo prenotato, quindi troviamo posto su due voli diversi, uno con scalo ad Ayers Rock e uno con scalo a Sydney. Io e mio padre arriviamo a Cairns, nel Queensland, per primi. Cominciamo a fare un giro di perlustrazione e andiamo a cena in un fantastico pub irlandese (lo stew nel clima equatoriale non è un’esperienza per tutti). Gli altri ci raggiungono in hotel alle 11 di sera.

KURANDA E LA FORESTA PLUVIALE

Dedichiamo la giornata a un’escursione a Kuranda. Ci arriviamo con il Kuranda Scenic Railway, un trenino turistico che percorre una ferrovia panoramica. Il villaggio sorge su un’altura (poco più di 300 m) all’interno della foresta pluviale. Qui, oltre a un mercatino di artigianato locale, c’è un immensa voliera piena di farfalle, che si posano su di noi quasi volessero farci ammirare i loro splendidi colori.

Torniamo in città con lo Skyrail Rainforest Cableway, un’ovovia che permette di avere una vista meravigliosa sulla foresta pluviale dall’alto, anzi da sopra: ci rendiamo conto di quanto siano imponenti gli alberi (soprattutto Ficus benjamina e “tronchetti della felicità”, che noi siamo abituati a vedere in un vaso in appartamento, mentre qui sono enormi) e di quanto sia fitto il sottobosco.

Cena australiana in hotel: pesce all’ammoniaca, credo, immangiabile.

LA BARRIERA CORALLINA

Ci imbarchiamo su un catamarano, che in 3 ore ci porta a una piattaforma nei pressi del Great Barrier Reef.

Qui è possibile ammirare il mondo subacqueo tropicale della barriera corallina: pesci dalle mille forme e dai mille colori, coralli incredibili, una flora marina variopinta che a volte si confonde con gli animali e in cui gli animali si confondono.

Si può anche scegliere come esplorare la vita acquatica: facendo snorkeling, camminando in un tunnel sottomarino trasparente, navigando su una barca con il fondo di vetro. Io e McGyver scegliamo invece l’immersione con le bombole. Un istruttore ci tiene un rapido corso. Si raccomanda molto: «Potete fare quello che volete sottacqua: nuotare, ridere, fare a pugni con gli squali. Ma non smettete mai di respirare». Quindi siamo tranquilli, possiamo combattere con gli squali.

Per la discesa e la risalita ci serviamo di una trave apposita a cui ci teniamo, così da scendere e salire con i tempi e la velocità corretti (non pensavo che un’immersione richiedesse una preparazione scientifica così accurata).

Questa immersione è stata una delle esperienze più belle della mia vita. A parte le centinaia di pesci dai colori più disparati, c’è un pesce napoleone, enorme, con lo sguardo quasi umano, che ci segue per tutto il tempo. Ogni tanto si avvicina a qualcuno e gli dà una leggera testata su una spalla. L’istruttore ci dice di spingerlo via tranquilli ma, dopo che questo continua imperterrito, comincia a grattarlo sotto al “collo”. E il pesce sta lì e gode come un matto! Un pesce da compagnia, incredibile.

Sono così euforica che, dopo pranzo (a base di gamberoni appena pescati), faccio un’altra immersione.

Ceniamo a Cairns in un ottimo ristorante libanese.

COCCODRILLI O PESCI TROPICALI?

Oggi la comitiva si dedica alla visita a una Crocodile Farm, un allevamento di circa 7000 coccodrilli di ogni grandezza e bruttezza.

Tutti a vedere i coccodrilli tranne me: io infatti, ancora piena di entusiasmo per le immersioni fatte, parto di nuovo con il Quicksilver per replicare la stessa escursione alla barriera corallina.

DAINTREE RIVER E FRUTTI TROPICALI

La speranza di oggi è vedere i coccodrilli nel Daintree River, con un’escursione su un “treno” di barche. La guida ci rassicura: in questo fiume i coccodrilli più grandi sono stati abbattuti perché pericolosi, restano solo quelli al di sotto dei 5 metri di lunghezza. Adesso sono molto più tranquilla, cosa sarà mai un coccodrillo lungo 4 metri? Gulp. Purtroppo di coccodrilli neanche l’ombra, ma la vegetazione è rigogliosa e interessante, soprattutto le mangrovie, che affondano le loro grandi radici nel fiume.

Dedichiamo il resto della giornata a un tour per piantagioni di canna da zucchero e frutteti. Alla fine facciamo una sosta in un’azienda agricola, dove assaggiamo alcuni frutti tropicali mai visti prima, tutti dolcissimi e succosi. In particolare, una “mela” (la chiamano così) con la buccia viola, che non si mangia, e la polpa bianca. Durante l’escursione conosciamo una simpatica vecchietta neozelandese tifosa degli All Blacks con la quale sono rimasta in contatto.

A CAVALLO NEL BUSH

Non ci facciamo mancare niente, quindi oggi con 3 ore di pulmino raggiungiamo il bush (ne sentivamo troppo la mancanza) per un’escursione a cavallo tra gli eucalipti.

A pranzo ci fermiamo in una fattoria sgangherata ma pittoresca, dove poi un tizio ci insegna, con scarsi risultati, a lanciare un boomerang. Uno spettacolo penoso. Con il primo lancio mi sono quasi amputata un alluce, con il secondo ho messo in pericolo la testa del vicino, con il terzo ho perso il boomerang nella vastità del bush. Non ce n’è stato un quarto.

Nel pomeriggio, dopo un bagno nel creek, io e qualche altro che ancora riusciva a sedersi senza troppo dolore abbiamo fatto un altro giro a cavallo, interessante come il precedente.

WALLABY E ARCOBALENI

Oggi riprendiamo la macchina. Andiamo verso Kuranda e proseguiamo, trovandoci davanti un paesaggio svizzero, con pascoli verdi e mucche. Poi di nuovo bush fino all’Undara Volcanic National Park, noto per i Lava Tubes, gallerie ricavate nella lava solidificata di un’antica eruzione. Il posto è pieno di canguri, soprattutto wallaby, molto piccoli e scuri.

Piove per qualche minuto, e subito dopo ci si offre lo spettacolo di due arcobaleni.

Rientriamo sotto la pioggia e nella nebbia.

Ceniamo per la terza sera consecutiva al ristorante italiano La Fontana, dove si mangia molto bene (sui ristoranti australiani abbiamo messo definitivamente una pietra sopra).

CAPE TRIBULATION

Di nuovo tra le canne da zucchero, raggiungiamo il Daintree River, dove ci imbarchiamo su un traghetto-zattera per attraversare il fiume e arrivare a una torre destinata all’osservazione della foresta.

Ci dirigiamo poi a Cape Tribulation, un luogo fuori dal tempo: spiagge di sabbia bianca lunghissime con alle spalle la foresta pluviale verdeggiante e rigogliosa, e davanti un mare di un azzurro incredibile. Facciamo un bagno, incuranti delle mortali meduse, visto che i cartelli sono chiari: arriveranno il 5 novembre, e oggi è solo il 4. Ne usciamo illesi.

SYDNEY

Arrivati all’aeroporto di Sydney, prenotiamo un hotel scegliendolo pressoché a caso tra quelli disponibili all’apposita “torretta” con telefono. Non è un granché: le camere sono strettine e il quartiere è particolare.

La sera è incredibile: sullo stesso marciapiede, cosparso di rifiuti, si vedono brutti ceffi che hanno tutta l’aria di essere spacciatori, prostitute e, allo stesso tempo, mamme con carrozzina, coppiette e anziani a passeggio. La mattina è tutto pulitissimo e i brutti ceffi e le prostitute sono spariti. I ristoranti sono aperti 24 ore al giorno, e in qualsiasi momento si può scegliere di fare colazione, pranzo o cena, indipendentemente dall’ora.

Comunque decidiamo di cambiare hotel.

Con un bus facciamo il giro di Sydney, così abbiamo subito una panoramica generale sulla città. Poi saliamo sulla Amp Tower (alta oltre 300 m), da cui si gode di una vista a 360 gradi su Sydney.

Nei nostri ultimi giorni in Australia, visitiamo l’acquario, che è davvero notevole. Migliaia di pesci tropicali, squali, un coccodrillo lungo 11 metri. E poi il tunnel trasparente sotto la baia, che permette di vedere la fauna marina in libertà.

Visitiamo l’Opera House, facciamo un giro ai magazzini Myer, giochiamo ai videogiochi più incredibili al Sega World (che purtroppo è stato chiuso e demolito), andiamo a vedere un treno Indian Pacific alla stazione. Ci arrampichiamo anche sull’Harbour Bridge (il noto ponte) in cordata, sotto una pioggia torrenziale.

Grande Australia. Bella, misteriosa e affascinante.

E soprattutto lontana. Lontana dal nostro stile di vita frenetico, non più a misura d’uomo. Laggiù è rimasto qualcosa, e salta con i canguri, attraversa gli incendi nel bush, sosta sotto agli eucalipti o su una panchina accanto a un aborigeno che non si è mai lavato in vita sua. È rimasto qualcosa sotto il monolito rosso di Ayers Rock e sulla Stuart, per non parlare della Tanami Road. E le sere ad Alice Springs, i tramonti, le spiagge bianche, i road trains, le miniere d’oro, i wombat, i fiori nel deserto, il garlic bread (pane caldo imburrato e strofinato con aglio, che a volte è stato la sola cosa commestibile).

Aspettami Australia, tornerò.

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